Facchino
Cenni Storici:
La fontana del Facchino, simbolo dell’Università degli “acquaroli”, attualmente incassata sotto una delle finestre del Palazzo De Carolis-Simonetti (1774) in via Lata, fu realizzata tra il 1586 e il 1598 a spese e su disegno del pittore fiorentino Jacopino del Conte (1510-1598), ad ornamento della sua casa di via del Corso e ad uso del pubblico. La fontana, dopo la demolizione della casa, venne ricollocata sul prospetto principale di Palazzo De Carolis in via del Corso e solo nel 1874 spostata sul prospetto laterale per ragioni di viabilità. La statua del Facchino, realizzata in cipollino antico (marmo Caristo), è la più recente fra le “statue parlanti” e raffigura un busto maschile, abbigliato con le vesti tipiche degli “acquaroli”, che tiene tra le mani un barilotto da cui zampilla un getto d’acqua. Il mestiere degli acquaioli era esercitato dai facchini (da cui la denominazione della fontana) che dal 1568 si erano stabiliti numerosi in questa zona del Corso. Nelle ore notturne gli “acquaroli” riempivano botti e botticelle con l’acqua attinta dal Tevere o dalle tre bocche dell’antica fontana di Trevi e durante il giorno la distribuivano per le strade di Roma.
Informazioni sul progetto e l’esecuzione dei lavori di restauro
Progettazione: D.ssa Giulia Ghia
Direzione Lavori: Ing. Felice Marchioni
Responsabile tecnico-scientifico: D.ssa Cecilia Spetia
Collaboratore: D.ssa Tania Renzi
Impresa esecutrice: A.T.I.: Equilibrarte srl / Ditta ind. Giulia Silvia Ghia
Fotografie: Zeno Colantoni
Grafica Pannelli: Carla Baffari
Stato di conservazione prima del Restauro
La scultura presentava un cattivo stato conservativo in quanto, dopo i primi interventi di manutenzione ordinaria, che hanno fatto seguito al restauro del 1989/90, non è stata fatta più oggetto di interventi. Le superfici marmoree risultavano particolarmente degradate a seguito dell’esposizione all’azione di agenti atmosferici e il modellato del volto e delle mani appariva notevolmente consunto. Alcune parti del viso erano interessate da critici fenomeni di disgregazione e nelle zone più protette dei capelli e della botte erano evidenti spessi strati di depositi coerenti, con formazione di croste nere. Sulle superfici della vaschetta di caduta dell’acqua erano poi presenti concrezioni calcaree frammiste a patine biologiche, mentre nella parte inferiore del busto erano visibili diverse grappe metalliche ossidate.
Intervento di restauro
Dopo le preliminari fasi di documentazione dello stato conservativo dell’opera (riprese fotografiche, indagini diagnostiche e mappatura), si è proceduti alla rimozione dei depositi superficiali e al trattamento antiossidante degli elementi metallici. I depositi superficiali coerenti sono stati rimossi mediante applicazione di compresse imbevute di soluzione di sali inorganici mentre quelli di notevole spessore (croste nere, strati carbonatati, scialbi) tramite l’ausilio di mezzi meccanici e di strumenti di precisione. Sono seguite poi le operazioni di disinfezione con applicazione di biocida e rimozione dell’eventuale vegetazione superiore. I fenomeni disgregativi sono stati trattati con silicato di etile. Si è proceduto poi alla realizzazione delle stuccature delle lacune, delle discontinuità e delle fessurazioni con malte idrauliche di idonea colorazione e granulometria. L’equilibratura cromatica delle superfici è stata eseguita ad acquerello. Le operazioni di restauro sono terminate con la stesura sulle superfici di un protettivo a base di polisilossani.