Madama Lucrezia
Cenni Storici:
Il grande busto marmoreo della c.d. Madama Lucrezia, comunemente noto per la sua appartenenza alla congrega delle “statue parlanti”, è in realtà identificabile, grazie al caratteristico nodo isiaco con cui è legato lo scialle sfrangiato sul petto, come un frammento della statua colossale della dea Iside, che aveva il suo luogo di culto nell’Iseo del Campo Marzio. Databile al II-III secolo d.C., doveva essere o la parte superiore del grande simulacro del tempio oppure, secondo una recente ipotesi, appartenere alla statua di Isis – Sothis sul cane Sirio, che si trovava sopra la fronte dello stesso edificio.
Il busto fu collocato intorno al 1500 dal Cardinale Lorenzo Cybo davanti alla basilica di S. Marco e successivamente spostato sulla sinistra, dove si trova attualmente.
L’appellativo di Madama Lucrezia deriverebbe, secondo una delle tradizioni più diffuse, da Lucrezia d’Alagno, favorita di Alfonso V d’Aragona re di Napoli, che si sarebbe trasferita a Roma dopo la morte dell’amante. La statua divenne ben presto la protagonista di alcune manifestazioni popolari romane: il giorno del primo di maggio, in occasione del “ballo dei guitti”, essa veniva ornata con collane di aglio, peperoncini , cipolle e nastri.
Come le altre cinque statue parlanti, fu spesso la voce delle pasquinate, pungenti satire contro il governo o personaggi pubblici; durante la Repubblica romana del 1799 la statua cadde dal suo piedistallo ed il popolo romano, con allusione al governo vigente, scrisse sul dorso “non ne posso veder più!”. In tale caduta la statua si ruppe in otto pezzi e fu restaurata da Annibale Malatesta nel 1806.
Informazioni sul progetto e l’esecuzione dei lavori di restauro
Progettazione: D.ssa Giulia Ghia
Direzione Lavori: Ing. Felice Marchioni
Responsabile tecnico-scientifico: D.ssa Marilda De Nuccio
Collaboratore: D.ssa Stefania Pergola
Impresa esecutrice: A.T.I.: Equilibrarte srl / Ditta ind. Giulia Silvia Ghia
Fotografie: Zeno Colantoni
Grafica Pannelli: Carla Baffari
Stato di conservazione prima del Restauro
Le intemperie a cui è esposta la statua hanno provocato il dilavamento molto evidente sul viso. Ben poco rimaneva infatti della parte più esposta della testa. Sul retro era visibile ancora l’acconciatura, nella parte sottostante le ciocche era evidente uno spesso strato di sporco di colore nero. Diverse grappe in ferro erano visibili nella parte inferiore del busto. La base è costituita da un blocco unico di travertino.
Intervento di restauro
Come prima operazione è stata eseguita una campagna fotografica e una campagna di indagini diagnostiche, necessaria per definire il litotipo, il suo stato di degrado, l’esistenza di solfatazioni e dunque per determinare l’esatta tipologia dell’intervento e i prodotti da utilizzare. Si è proceduto alla rimozione di depositi superficiali parzialmente aderenti (terriccio, guano ecc.) e alla pulitura e al trattamento per l’arresto dell’ossidazione o per la protezione di elementi metallici. Le operazioni di disinfestazione sono state eseguite mediante applicazione di biocidi e la rimozione della vegetazione superiore. Durante le operazioni di pulitura sono stati rimossi i depositi superficiali coerenti mediante applicazione di compresse imbevute di soluzione di sali inorganici (carbonato o bicarbonato d’ammonio). Si è poi proceduto alla rimozione di protettivi alterati e non più idonei mediante lavaggio della superficie con acetone. A seguire sono stati rimossi i depositi coerenti di notevole spessore quali croste nere o strati carbonati con mezzi meccanici e manuali o strumenti di precisione, quali il laser, quindi l’eliminazione meccanica di scialbi e/o ridipinture. Con le operazioni di consolidamento si è cercato di ristabilire la coesione del materiale costitutivo dell’opera mediante impregnazione per mezzo di pennelli, siringhe, mentre per la decoesione/disgregazione si è proceduto con applicazioni di silicato di etile, fino a rifiuto. Le operazioni di stuccature, microstuccatura, presentazione estetica e protezione superficiale sono avvenute con l’esecuzione di stuccature con malta di finitura e della revisione cromatica ad acquarello per l’equilibratura. Sono poi state eseguite le microstuccature per permettere di tamponare le lacune tra i grani del marmo. Le operazioni di restauro sono terminate con la stesura del protettivo a base di polisilossani.